L'abbazia di San Faustino, una delle più interessanti della zona, venne edificata sui ruderi di una villa romana, della quale recenti scavi hanno rivelato le fondazioni ed ambienti destinati alla lavorazione dei prodotti agricoli ad essa connessi. Costruita con materiale di recupero di edifici romani, presenta uniformità di struttura e di colore dovuta all’uso del travertino locale, materiale di costruzione anche del basamento della stessa chiesa. La chiesa, dedicata a San Faustino, probabilmente discepolo e confessore del vescovo della Civitas Martana San Felice, e l'attiguo monastero, furono edificati dai monaci benedettini, sulla tomba del Santo. La facciata presenta un’architettura di stile lombardo, purtroppo alterato dalla recente costruzione del portico antistante; della struttura originaria resta una bella trifora con colonnine marmoree. In origine doveva avere il presbiterio sopraelevato con sottostante cripta. L'interno, ad unica navata, è molto rimaneggiato, al centro dell'abside sono interrati due sarcofagi, uno dei quali è venerato come quello di San Faustino. Tra i vari frammenti scultorei ed iscrizioni, è interessante, quella che ricorda il passaggio del pontefice Pio II nel dicembre del 1462. Si segnala all’interno un affresco del pittore aretino Sebastiano Florii raffigurante la Madonna del Rosario (1580). Recente è anche il campanile, che si eleva, con una struttura imponente, separato dalla chiesa; l’edificio attiguo, invece, che costituiva il complesso abbaziale, ha conservato la forma inconsueta di poderosa casa rurale. La semplicità della struttura rustica dimostra che, a differenza di altre abbazie benedettine, il complesso di S Faustino non riuscì ad affermare la propria potenza, in quanto dal sec. XI fu dipendente dall’Abbazia di Farfa. Curiosità:Guardando attentamente la facciata, a destra della trifora si potrà notare un’epigrafe con l'iscrizione di Lucius Julius Marcianus e di sua moglie Publicia, di evidente riutilizzo romano, a sinistra un frammento di fregio dorico con metope a rosette e bucrani. Molti edifici della zona, sono stati costruiti utilizzando materiale di spoglio, proveniente dai preesistenti edifici romani; una pratica molto frequente in questa zona; reperti antichi si trovano inglobati anche nelle altre chiese e abbazie del massetano.
lungo un diverticolo della Via Flaminia, attuale Todi-Foligno, si trova la chiesa intitolata ai Santi Fidenzio e Terenzio. Fra le più interessanti chiese romaniche umbre, fu eretta dai nobili di Massa Martana in onore dei due santi, originari, secondo una leggenda, della Siria: partirono da Roma per diffondere la religione cristiana e giunti nel territorio tudertino, al tempo dell'imperatore Diocleziano, furono catturati e martirizzati "in Civitate Martana, Tuderto proxima". I loro corpi furono poi sepolti segretamente nel luogo dove ora sorge la chiesa. Prima dell’attuale chiesa, probabilmente venne eretto, sul loro sepolcro, un oratorio, come potrebbe indicare una pietra della cripta che mostra l'iscrizione "Beatus Fidentius et Terentius hic requiescunt", i cui caratteri sembrano ascrivibili ai secoli VII, VIII. Le reliquie dei loro corpi vennero riesumate nel 1629 dal cardinale Boncompagni e trasportate nel paese di Bassano di Orte. L’iter storico del monumento sembra essere ancora una volta quello tradizionale degli edifici di questa zona: una chiesa primitiva sarebbe stata ricostruita nel X sec. e ampiamente modificata nel XIII. La facciata in pietra con filari rossi e bianchi ha una caratteristica bifora di tipo umbro a due rincassi, sovrastante l’arco a tutto sesto della porta d’ingresso. L’interno, oggi piuttosto spoglio, a differenza certamente di quello originario, è ad una navata, e nella parete di fondo sono incastonate una quarantina di lastre di ispirazione longobarda, scolpite con elementi zoomorfi, antropomorfi e geometrici del X-XI sec. Singolare è il soffitto a pianelle policrome con gli stemmi di Todi e un prezioso ambone bizantino in marmo: costruito con due grandi lastre di marmo scolpito: quella verso l'esterno ha un motivo di cerchi annodati riempiti di fiori, grappoli, elici ed apici gigliati, l'altra è decorata con un tipico nastro bisolcato formante grossi nodi allentati, motivo riconducibile, anche per la fattura irregolare, al IX secolo. Poco oltre la metà della navata, un'ampia gradinata immette nel presbiterio sopraelevato, al centro del quale si trova un antico altare costituito da una lastra di travertino, che ricopre il sarcofago dei due martiri, e adornato di quattro colonnine angolari di pietra. Nella zona absidale è conservato un frammento di affresco raffigurante la Madonna con il Bambino e attribuito a Bartolomeo da Miranda, pittore del XIV, attivo in zona. Di particolare interesse la cripta trifora paleocristiana, sorretta da una centrale colonna romana di marmo grigio, con bellissimo capitello ionico, e due colonne laterali di travertino e il caratteristico campanile a vela, eretto su una antica torre campanaria con base dodecagona di grossi blocchi di travertino. Come altri edifici di culto anche la chiesa di San Fidenzio e Terenzio, ha subito numerose modifiche; nell'attiguo monastero, vi si installò una comunità di monaci benedettini che la ressero fin verso la fine del 1300. Fu pieve importante con alle sue dipendenze molte chiese e castelli. Dai registri delle decime risulta che nel 1276 aveva sei monaci retti da un abate Pietro.Oggi è proprietà del Ministero degli Interni, Fondo Edifici di Culto (FEC).
Curiosità: San Benedetto nacque a Norcia intorno al 480 d.C., quattro anni dopo la caduta dell’Impero Romano, in un periodo storico caratterizzato da invasioni, guerre e distruzioni. Trasferitosi a Roma per compiere i suoi studi, toccò con mano la decadenza che dilagava nella città eterna e, inorridito, si ritirò nel silenzio dei boschi dell’alta valle dell’Aniene, ai confini tra Lazio e Abruzzo. La sua presenza solitaria, dedita alla preghiera e alla penitenza, non passò inosservata e la comunità di monaci di Vicovaro propose a Benedetto di unirsi a loro; presto però il rigore morale e la ferrea disciplina del nursino risultarono invise ai compagni che tentarono di avvelenarlo. Amareggiato, si trasferì a Subiaco dove divenne la guida spirituale di un piccolo cenobio che fu da lui organizzato in una nuova forma di vita monastica. A causa di dissapori sorti con alcuni discepoli, abbandonò Subiaco e si diresse a Cassino, sulla cui altura, nel 529, fondò il noto Monastero di Montecassino. Qui compose la Regola, un complesso documento articolato in un prologo e settantatré capitoli, destinata a divenire il punto di riferimento del monachesimo occidentale e ad essere adottata da tutti i monasteri europei. Nel celebre motto ora et labora si condensa l’essenza del messaggio benedettino che combinai due aspetti della vita umana, quello spirituale e quello materiale. Scandita dall’alternanza tra preghiera e lavoro, l’esistenza dei monaci, in virtù della stabilitas loci, doveva svolgersi tra le mura del monastero, sotto l’egida dell’abate.Evangelizzatori instancabili, i benedettini svolsero un’intensa attività di assistenza e, bonificando paludi, disboscando seve, coltivando la terra, riscattarono il valore del lavoro manuale e divennero un punto di riferimento per le popolazioni vicine. Fondamentale è stato inoltre il loro contributo in ambito culturale:nei monasteri, divenuti luoghi d’arte di grande fascino,ci si occupava anche della trascrizione di libri antichi, spesso corredati da preziose miniature. Benedetto morì a Montecassino intorno al 547 e Papa Paolo VI, nel 1964,lo proclamò Patrono d’Europa.
Fuori dall’abitato di Viepri sorge l’abbazia di Santa Maria che, secondo una consolidata tradizione, sarebbe stata edificata intorno al 1150 dai signori di Castelvecchio.Agli inizi del XIII secolo divenne pieve del distrutto castello di Monte Schignano. Interessante esempio di architettura romanica, nel corso del tempo subì vari interventi che, pur modificandone la struttura in alcune parti, non ne hanno comunque scalfito l’originaria identità. Sobria e monumentale allo stesso tempo, l’abbazia fu costruita utilizzando materiale proveniente da dismessi edifici romani. Sulla semplice facciata a due spioventi si apre un portale a rincassi sormontato da una bifora e si eleva quanto resta di una robusta torre campanaria, mutilata, sembra a causa di un fulmine. Inglobata in seguito nella costruzione adiacente all’edificio sacro, fu sostituita dal grande campanile quadrato ancora oggi visibile. Lungo le pareti esterne dell’abbazia sono stati inseriti vari e interessanti frammenti scultorei di epoca romana e altomedievale. Le absidi semicircolari presentano il caratteristico coronamento ad archetti pensili su mensole e lesene, comune alle chiese romaniche umbre. L’interno, ampio e solenne, è diviso in tre navate che, separate da solidi pilastri privi di capitelli, terminano in altrettante absidi. È coperto da volta a crociera sorretta da archi trasversali, ma è plausibile ipotizzare che in origine presentasse il consueto tetto ligneo a capriate. Nonostante l’abbazia sia priva di sottostante cripta, il presbiterio risulta leggermente rialzato rispetto al piano delle navate. Il solenne edificio scaro conserva un calice finemente cesellato, due dipinti seicenteschi del pittore tuderte Andrea Polinori raffiguranti la Natività della Vergine Maria e la Madonna del Rosario tra Santi,un’immagine di San Sebastiano affrescata nel XIII secolo.