8,4 km – di cui 5,3 a piedi.
L’itinerario di trekking si svolge lungo il versante occidentale di Monte Castro, rilievo prospiciente l’abitato di Massa Martana. Dall’abitato di Massa Martana si seguono le indicazioni per i Monti Martani. Dopo qualche chilometro si incontra la piccola Chiesa dell'Ascensione dove inizia il tragitto a piedi. Questa Antica chiesa rurale è documentata fin dal secolo XIII col nome di Santa Maria de Podio. Successivamente fu detta Santa Maria de Castro e dopo il rifacimento del secolo XVII fu comunemente chiamata chiesa dell'Ascensione. Qui si prosegue a piedi lungo la strada provinciale e fatti due tornanti si incontra l’inizio del sentiero didattico realizzato dalla Comunanza Agraria di Massa Martana denominato “Strada della Perazza”. Il sentiero percorre per circa 1 km in salita una pregevole lecceta su un fondo naturale roccioso in roccia calcarea. Arrivati alla sommità di Monte Castro, il percorso assume un andamento sub pianeggiante, attraversa ginepreti e praterie secondarie ove in primavera si possono osservare molte specie di orchidee, prima di arrivare ad incontrare di nuovo la provinciale. Qui si può osservare una meraviglia naturalistica di questo territorio: I boschi di leccio dominano incontrastati i lati sud occidentali del rilievo mentre i lati esposti a nord-est sono ricoperti da una faggeta che qui presenta esemplari di notevoli dimensioni. Osservando la catena dei Martani si riesce ad intravedere l’abbazia di San Pietro in Monte (privata), nei sui dintorni si possono osservare alcuni dei rimboschimenti effettuati nel dopoguerra per ripristinare la vegetazione sulle nostra montagne ma soprattutto alcuni degli esemplari di faggio secolari tra i più maestosi dell’intera Regione Umbria. Si prosegue lungo la provinciale in discesa e dopo circa 3 km si raggiunge il punto di partenza.
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APPROFONDIMENTI Itinerario n 5
Faggio
Fagus sylvatica L. diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, dove forma boschi puri (faggete) o misti oltre i 900 m s.l.m. sugli Appennini. Localmente, quando le condizioni climatiche lo consentono, il faggio lo si può trovare molto più in basso:
È una pianta che raggiunge facilmente i 25 - 30 metri di altezza. Presenta foglie denso e foglie ovali , più chiare nella pagina inferiore. Le foglie sono disposte sul ramo in modo alterno, lucide su entrambe le facce, con margine ondulato, ciliato
da giovani. In autunno assumono una caratteristica colorazione arancio o rosso-bruna. Ha una chioma massiccia, molto ramificata e con fitto fogliame, facilmente riconoscibile a distanza perché molto arrotondata e larga, con rami della porzione apicale eretti verticali.
È una pianta monoica che produce fiori maschili e femminili sulla stessa pianta ma in posizioni diverse. I fiori maschili sono riuniti in amenti tondi e penduli, lungamente picciolati, quelli femminili accoppiati in un involucro, detto 'cupola', hanno ovario triloculare, la fioritura avviene generalmente nel mese di maggio. I frutti, chiamati faggiole, sono grossi acheni commestibili, trigoni, rossicci, contenuti in ricci deiscenti per 4 valve, dai quali si ricavava un olio che è un surrogato di quello d'oliva.
Curiosità: Il faggio viene coltivato in boschi cedui per la produzione di legna da ardere, tuttavia negli ultimi anni si è avuta una conversione da ceduo a fustaia per soddisfare l'interesse commerciale. Nelle coltivazioni a fustaia si effettuano tagli ogni 90-100 anni, dai quali si ricavano 400-500 metri cubi di legname a taglio. Come legname viene impiegato nella costruzione di mobili, giocattoli, utensili da cucina ed è adatto alla tornitura. Grazie alla sua compattezza viene inoltre apprezzato nella costruzione di sedie, mazzuoli, pavimenti e ripiani di banchi da lavoro.
Chiesa dell'Ascensione Questa antica chiesa rurale, che sorge in un contesto naturalistico di pregio, è documentata fin dal secolo XIII con un altro nome Santa Maria de Podio. Successivamente fu detta Santa Maria de Castro e dopo i rifacimenti del secolo XVII si iniziò a chiamarla chiesa dell'Ascensione, anche se il titolo principale resta quello dedicato alla Madonna.
I Monti Martani La catena dei monti Martani si trova al centro dell'Umbria e si estende, con un andamento regolare da sud a nord, per circa 45 chilometri, tra le province di Terni e di Perugia.
È delimitato ad est dalla Valle Umbra e dalla Valserra; ad ovest dalla valle del fiume Tevere e da quella del Naia nella parte meridionale; a sud dalla Conca Ternana con il fiume Nera. La catena dei Martani è circondata da città e da centri storici importanti. A Nord Montefalco e Foligno, a Est Spoleto, a Ovest Todi, Acquasparta, Massa Martana e Sangemini, a Sud Terni. Numerose sono anche le tracce dell'antichità più remota e le aree archeologiche. La più importante è quella di Carsulae o i resti archeologici di Sant'Erasmo sul monte Torre Maggiore.
Le cime dei Martani sono perlopiù arrotondate e coperte da prati. Le più elevate sono:
Monte Torre Maggiore (1.121 m); Monte Martano (1.094 m); Monte Forzano (1.086 m); Monte Torricella (1.054 m); Capoccia Pelata (1.054 m); Cima Panco (1.013 m).
La vegetazione è costituita in prevalenza da boschi misti con prevalenza di quercia, da boschi puri di lecci e nelle zone più elevate di faggi. I Martani sono ricchi di grotte, doline e inghiottitoi originati dall'erosione dell'acqua, tra cui l'esempio di maggiore interesse è rappresentato dal Fosso di Pozzale. La stessa acqua, a valle, alimenta numerose sorgenti, alcune delle quali molto rinomate, come la Sangemini, la Fabia, l'Amerino, la Sanfaustino e la Furapane.
I Monti Martani fanno parte dell'Appennino Umbro-Marchigiano, un'entità geomorfologica e litologica ben definita descrivibile come un sistema di pieghe e sovrascorrimenti disposti a formare un arco a convessità orientale.
Nelle aree sommitali affiorano i calcari micritici: si sono deposti in un ambiente di sedimentazione di tipo pelagico a partire dal Giurassico inferiore, ovvero da 190 milioni di anni or sono.
Lungo la dorsale si possono osservare interessanti morfotipi carsici, formatisi per l'azione corrosiva delle acque meteoriche sul calcare, come le doline, presenti diffusamente lungo la catena (Il Tifene, Corva di Mezzanelli, Pozzale, ecc.) ad occidente della stessa, e i piani carsici come quello di Casetta San Severo.
In prossimità della vetta del Monte Martano una forte antropizzazione ha modificato il paesaggio montano.
In questo luogo, infatti, ritenuto strategico per posizione, esposizione ed altitudine, sono stati ubicati un numero considerevole di ripetitori radio-televisivi e una base militare. Le pendici della dorsale sono in gran parte rivestite da boschi misti.
Ammoniti: Gli Ammoniti, Phylum: Mollusca - Classe: Cephalopoda - Sottoclasse: Ammonoidea, sono molluschi cefalopodi comparsi nel Devoniano (ca. 400 milioni di anni fa) ed estintisi intorno al limite Cretaceo Superiore-Paleocene (ca. 65 milioni di anni fa).
Erano animali di origine marina la cui conchiglia era formata da carbonato di calcio sotto forma di aragonite, mentre la parte organica era sostanzialmente composta da conchiolina.
Sono stati classificati come cefalopodi e possono essere considerati come i progenitori degli odierni calamari e seppie.
Le parti anatomiche che è possibile riconoscere e osservare dai fossili degli ammoniti, sono sostanzialmente: il Fragmocono e Protoconca, la Camera d'Abitazione ed il Peristoma.
San Pietro in Monte raggiungibile solo con percorsi a piedi, a dominio dei Monti Martani, si trova l’antica Chiesa di San Pietro in Monte. Fu edificata dai dai benedettini nel 1000, e purtroppo soppressa alla fine del secolo XIV. Aveva giurisdizione su un ampio territorio e alle dipendenze del suo abate vi erano anche le chiese di Sant'Ippolito di Castelvecchio e di Sant'Ilario di Todi. Il suo ricco e prezioso archivio dopo la soppressione è stato spostato presso l'Archivio della Cattedrale di Spoleto. Come la maggior parte degli edifici cristiani, anche la Chiesa di San Pietro fu costruita su resti di una struttura romana, presumibilmente un tempio dedicato a Marte, particolarmente venerato in questa zona, tanto da dare il nome ai Monti Martani e al territorio e al Vicus Martis.
Tale ipotesi è avvalorata anche dal ritrovamento di alcuni reperti tra cui un cippo con iscrizione romana (usato per sostenere la mensa d'altare della chiesa, conservato nella cappella privata attigua all'edificio abbaziale). Dalla radura antistante l’edificio si ha un vista a volo d’uccello sulla Valle del Tevere, e si riescono a dominare alcune cime dei Monti Martani.
Curiosità: Greci e Romani delinearono in maniera differente la figura del dio della guerra: se per i primi Ares era una divinità irrazionale e sanguinaria alla quale non tributarono particolare considerazione, per gli altri, che lo chiamarono Marte, era secondo solo al re dell’Olimpo. In realtà il suo culto era già ampiamente diffuso presso le popolazioni italiche, che lo consideravano il dio della natura e della fertilità ma anche del tuono e della pioggia. Secondo il racconto mitologico, Giunone, in cerca di rivalsa sul marito Giove che da solo aveva concepito Minerva,per non essere da meno, si rivolse a Flora. La dea delle fioriture e della primavera le indicò un fiore speciale che, al solo contatto, le permise di generare Marte, poi allevato da Priapo all’arte della guerra. Quando Roma decise di ampliare i propri confini, promuovendo quella serie di campagne militari che progressivamente la trasformarono in un impero di vastissime dimensioni,Marte fu associato esclusivamente alla guerra. Padre del popolo romano, dalla sua unione con Rea Silvia, nacquero infatti Romolo e Remo, i fondatori della città. Il primo mese del calendario arcaico, marzo, prendeva da lui nome e a Marte erano dedicate le principali feste.
Dal punto di vista iconografico, il dio della guerra è stato sempre rappresentato come un uomo vigoroso, dall'aspetto virile, talvolta con la barba, dotato di elmo e scudo, lancia e spada, raramente con un'armatura completa.