La strada consolare, (la prima tra le Viae Publicae romane verso il Nord) realizzata dal censore Caio Flaminio nel 220 a.C, collegava Roma ai porti dell’Adriatico ed all’Italia del nord,attraversando nel suo tracciato originario da Narnia a Mevania la fascia pedemontana occidentale dei Monti Martani; rappresentò fin verso il VI sec. d.C una delle arterie più frequentate dell’Italia centrale. La Consolare fu costruita sfruttando ed adattando percorsi precedenti, anche molto antichi, legati alla transumanza e agli spostamenti dei popoli Umbri. Fu proprio in un luogo a diciotto miglia romane da Narni localizzabile nel sito dell’attuale chiesa di Santa Maria in Pantano, che fu costruita dai romani, probabilmente coeva alla via, la statio ad Martis da cui si sviluppò, ben presto, un centro abitato: il Vicus Martis, solidamente attestato in molte delle iscrizioni romane qui rinvenute. Dal III sec. questo primo tracciato della Flaminia, nato come strada militare, iniziò a risentire della variante, realizzata per fini economici, che per Terni e Spoleto raggiungeva Forum Flaminii, (nei pressi dell’attuale Foligno) e si ricongiungeva al vecchio tracciato Narniae-Carsulae-Mevania. I due tracciati si biforcavano proprio all’inizio della catena dei Monti Martani (aggirandola ad est e ad ovest) dopodichè la Flaminia vetus lasciato il centro di Carsulae, del quale ne costituiva il cardo, raggiungeva, passando per la Statio ad Martis- stazione di cambio, il Vicus Martis, l’attuale Massa Martana. La vita e la prosperità del Vicus Martis furono strettamente legate alle sorti della Flaminia come dimostrano diversi resti epigrafici ed archeologici tra cui si segnalano due interessanti iscrizioni che ricordano importanti lavori di restauro della stessa via. La prima, oggi dispersa, si riferisce all’imperatore Antonino Pio, l’altra, conservata sotto l’arco della porta di Massa Martana, è dell’imperatore Adriano e fu trovata nei pressi della diruta chiesetta di San Giacomo, proprio lungo la via Flaminia.Dopo la caduta dell’Impero Romano, il tracciato occidentale della Flaminia fu abbandonato e decadde, ma la zona non rimase esclusa dal transito, (perché compresa tra il nuovo tracciato e la Via Amerina). Nel periodo altomedievale fu rilevante via di raccordo tra Roma e Ravenna e lo testimoniano i ruderi di Montecastro, probabilmente un tempio legato ad un culto umbro, poi diventato castrum in difesa della sottostante Via Flaminia. Molti sono i materiali di spoglio riutilizzati in tutta la zona, numerosi i colombari, rimasti a lungo sconosciuti e le chiese romaniche costruite sopra templi pagani dedicati agli dei Apollo, Cerere, Mercurio e Marte: proprio da quest’ultimo hanno preso nome i monti vicini e l’area circostante, ricca di frammenti di laterizi e ceramiche che continuamente vengono alla luce durante i lavori agricoli.